domenica 5 giugno 2016

Marco Molinari - Città a cui donasti il respiro



Marco Molinari, Città a cui donasti il respiro, Il Ponte del Sale, 2016

Ci sono luoghi che restano dentro di noi, che ancora incontriamo nello stupore ed abitiamo nonostante il nostro continuo andare. Luoghi che per un attimo incancellabile non smettono di parlarci, di recarci una voce davvero unica che ancora ci chiama. Luoghi che appartengono non solo alla memoria, ma anche al sogno, ad una realtà sottile di velature, che a poco a poco si alzano e scoprono sempre altro. Luoghi di partenze, ritorni, movimenti vissuti o immaginati. Luoghi, ancora, di anni, di respiri, di incontri, che la pagina apre tra incanto e disincanto, grazie ad una parola poetica nitida e trascolorante, precisa nella sua visionarietà.
Nell’ultimo libro di Marco Molinari c’è tutto questo.  E c’è un passato che non è mai passato, che chiama per chiedere  un riconoscimento, un’appartenenza speciale di parole e di sangue, un’identità consapevole della propria misteriosa formazione.
Così, leggendo i vari testi poetici che compongono la raccolta, entriamo in una doppia dimensione: quella del poeta che si cerca nei luoghi della propria esistenza e quella di noi lettori, rapiti da parole e immagini che non sentiamo mai distanti, ma anche un poco nostri, perché vibrano sempre d’altro ed hanno l’impronta netta del destino. Un percorso, quello di Molinari, che accompagna nelle città, nelle piazze, nelle vie, attraversate per comprendere “cos’è celato fra una vita e l’altra”, fra ciò che è stato nell’attimo e ciò che perdura, fra la consapevolezza della nostra finitudine e l’eternità del sogno, di una leggerezza antica e segreta che è nell’aria:“ma non smetterò mai di sognarvi / ed essere sognato da voi”.  E ciò che è accaduto è qui, si muove nelle parole, respira nei versi che ricordano le rivelazioni improvvise (“capimmo che la vita è semplice, / una e misteriosa anche torbida”), le solitudini e le malinconie (“non c’è nessuno lungo la via / le porte murate, l’estate / non l’ha visitata, è uno spegnersi / calmo della luce / che ci afferra inesorabile”), le morti (“Hanno perduto tutto, anche te, vita”), le figure delle persone amate e di tutti coloro che hanno lasciato un segno, insieme ai perduti,  agli afflitti,  agli esiliati, spesso così presenti nei versi di Molinari (“cosa fate, dove siete, nel cerchio / vi attendo, come allora, sempre aperto”).
L’andamento dei testi ci sospinge avanti e indietro, nuove immagini e riprese si succedono con la naturalezza propria di una verità, di un qualcosa che misteriosamente lega gli eventi, i dettagli, le atmosfere. E’ come se fosse davvero l’aria a muovere  le parole (giustamente  nella prefazione al volume, Milo De Angelis definisce arioso il libro), come se fosse il vento a trasportare questa scrittura, il vento che “conosce le stazioni” e “torna sempre dove è partito”.  Perché qui tornare e partire sono tutt’uno, sono il viaggio, sono la vita, il ritmo stesso del respiro.
Nell’aria ci sono presenze come quelle degli uccelli, gli spiriti folletti che seguono ogni partenza, che “fendono l’aria con i loro petti chiari” e recano “promesse fatte, giuramenti, gioie / incollate alle ali, anche le nostre”. E c’è anche il vento maestrale che “lancia le donne in aria”, nella sezione intitolata “Marca”, un poemetto di apparizioni e domande, dai tratti surreali, in cui ciò che accade ha il sapore di un’iniziazione, di una serie di passaggi rituali, di presentimenti, di “giorni di sole”, ma anche di “ombre e tragedie nascoste in tasca”.
Ciò testimonia proprio il carattere visionario del libro, dove possiamo rinvenire momenti che hanno tutta la perentorietà della vita onirica e a cui la parola poetica accede senza forzature . Si veda, ad esempio, oltre al poemetto citato, anche il testo “Via Torta”, nel quale si parla di un importante e misterioso dispaccio da recapitare, ma tutto alla fine si smarrisce, non c’è più orientamento e si perde ogni certezza, in un’atmosfera precisa e sospesa come in un racconto metafisico.
Non un libro di semplici memorie e luoghi privati, dunque, ma una lettura a più dimensioni, che Marco Molinari ci consegna come un dono, verso dopo verso, anzi come un respiro, nella consapevolezza che  “le parole spesso spariscono / se un pastore calmo non le raccoglie”.

Mauro Germani